“Perché avevamo bisogno di una giornata della ricerca?” Con questa domanda ha aperto il suo intervento in Aula magna il Rettore dell’Università di Siena, Roberto Di Pietra, per salutare il pubblico di docenti, ricercatori, personale tecnico amministrativo, rappresentanti di aziende e istituzioni presenti in aula per GI-RA, la prima Giornata della Ricerca di Ateneo.
Il Rettore ha risposto all’interrogativo con cinque considerazioni: “Parliamo molto di altre attività amministrative e gestionali e poco di ricerca, sia all’interno che all’esterno” – ha detto. “Inoltre ci
troviamo in un anno particolare, l’anno accademico di consegna dei prodotti di ricerca per la prossima VQR” – ha proseguito. “Facciamo ancora troppo poco per rendere visibili e partecipati i momenti della ricerca: raccontarla a noi e al mondo esterno è fondamentale per la crescita della conoscenza”. “Inoltre, viviamo un periodo storico in cui sono in atto cambiamenti senza precedenti nel paradigma di accesso alla scienza, con cambiamenti significativi nel modo di fare ricerca, dall’aumentata capacità di calcolo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. E’ certamente necessario prendere consapevolezza che la ricerca è una delle tre missioni principali dell’Università”.
La giornata è proseguita con l’intervento del professor Michelangelo Vasta, delegato del Rettore alla Ricerca, che ha sottolineato che “si tratta di una prima edizione che vuole aprire una tradizione, con l’obiettivo di illustrare la ricerca e incrementare la collaborazione per promuovere il dialogo interdisciplinare tra i gruppi dell’Ateneo e incrementare la nostra performance nell’esercizio della valutazione, approfondendone regole e criteri”. “Inoltre – ha aggiunto – dobbiamo far conoscere all’esterno le nostre eccellenze: l’università deve diventare un palazzo di cristallo, trasparente per istituzioni, imprese, centri di ricerca e cittadinanza”.
Vasta ha poi illustrato le linee principali del Piano per lo Sviluppo della Ricerca di Ateneo e presentato il programma della giornata, dando la parola ai 23 ricercatori vincitori dei progetti New Frontiers che hanno potuto presentare il loro lavoro.
Dalle politiche energetiche allo sviluppo di nuovi materiali intelligenti, passando per le biotecnologie, la medicina di precisione e le metasuperfici, il diritto internazionale comparato e la difesa immunitaria nelle api, la tutela della trasparenza retributiva e il romanzo e le scienze umane, sono tantissimi e di grande interesse i temi affrontati nei vari progetti di ricerca presentati durante la mattinata.
La seconda sessione di presentazioni è stata aperta dalla professoressa Cosima Baldari, docente di Biologia Molecolare presso il dipartimento di Scienze della Vita e coordinatrice per l’Università di Siena del progetto ATTACK, “Analysis of the T cell’s Tactical Arsenal for Cancer Killing”, finanziato con 10 milioni di euro dal Consiglio europeo della ricerca nel quadro dei Synergy Grants.
“Grazie perché fate cose meravigliose – ha commentato il Rettore – In questa mattinata ho imparato cose che non ho capito: con i vostri progetti avete la potenzialità di fare ricerca andando oltre i paradigmi consolidati. Dovete coltivare l’ambizione verso una progettazione sfidante e competitiva a livello internazionale”.
“Quello che emerge dalle vostre presentazioni – ha aggiunto Vasta- sono i molti aspetti interdisciplinari. Questa deve essere un’occasione per fertilizzare le vostre conoscenze”.
I lavori del pomeriggio sono stati aperti dalla proiezione un video istituzionale dell’Ateneo, che sottolinea l’impegno dell’Università nel promuovere e sostenere la ricerca di eccellenza.
A seguire sono stati presentati i progetti dei Dipartimenti di eccellenza, Dipartimento di Filologia e Critica delle Letterature Antiche e Moderne (DFCLAM) e Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali (DSSBC), selezionati dal Ministero dell’Università e della Ricerca tra i 180 Dipartimenti di eccellenza italiani che riceveranno un significativo finanziamento aggiuntivo nel quinquennio 2023-2027.
Il professor Giovanni Dosi, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha affrontato nel suo intervento il tema della natura ed etica della scienza moderna, aprendo molti spunti di riflessione.
“Credo che sia la scienza sulla natura che quella sull’uomo siano in pericolo” – ha detto. “Il continuo tentativo di portare la scienza vicino all’applicazione – ha spiegato – uccide la fecondità delle cose inutili. La tradizione illuministica dell’intellettuale che dice di no sta scomparendo. La libertà però va difesa, abbiamo il dovere di difendere la scienza delle conoscenze inutili e incoraggiare i giovani a pubblicare anche sulle riviste alternative. Un fondo pubblico per la ricerca di base, curiosity driven, darebbe respiro ai ricercatori e alla ricerca”.
Il prof. Francesco Berna, del Dipartimento Scienze fisiche, della Terra e dell’ambiente, ha raccontato il progetto LAST NEANDERTHALS, il secondo ERC Synergy Grant vinto dall’Università di Siena. Finanziato con 13 milioni di euro il progetto investiga quali siano state le cause che hanno portato alla scomparsa dei Neanderthal espandendo la ricerca archeologica al di là dell’Europa occidentale e centrale.
L’ultimo intervento ha portato spunti interessanti su un altro fronte della ricerca, il trasferimento tecnologico. Presentato dal professor Domenico Prattichizzo, delegato del rettore al Trasferimento tecnologico, Sergio Matteo Savaresi, del Politecnico di Milano, ha accesso nuove curiosità e interrogativi in sala parlando di alcuni progetti flagship sulla guida elettrica autonoma e di visioni e ricerca sulla mobilità del futuro. Ha concluso il suo intervento con un’elenco di errori comuni nelle startup accademiche italiane: “Il fallimento non è una sconfitta – ha spiegato. Si impara qualcosa, se ne inizia un’altra. Dobbiamo incoraggiare i giovani a mettere alla prova le proprie idee”.
Il rettore Di Pietra ha concluso l’intensa giornata con una riflessione finale: “Determinati meccanismi di valutazione della ricerca e dell’impatto mettono a rischio la libertà della ricerca pura. La ricerca è e deve rimanere l’elemento identitario che salverà le università del futuro”.